Giorgino lascia l’amministrazione cittadina: ne danno il (triste?) annuncio la maggioranza (oramai ex) politica della città. Ieri in Consiglio Comunale, il consigliere comunale Benedetto Miscioscia (Lega) ha definito l’atto di sfiducia al bilancio come un “omicidio politico“. Giorgino è quindi costretto alle dimissioni inevitabili, tanto richieste da anni dai banchi dell’opposizione. In realtà, ad auto-condannarsi è stata la stessa maggioranza politica che durante le elezioni aveva promesso stabilità politica. Cosa è accaduto nel frattempo? Una città – quella di Andria – che per due volte di seguito aveva votato il Sindaco Giorgino alle elezioni ma che poi, periodicamente, lamentava critiche, lanciando accuse a volte, diciamocelo, anche parolacce per strada contro i nostri politici. Politici eletti da buona parte degli andriesi.
Giorgino, un avvocato, un politico a tratti “classico”, dall’atteggiamento democratico, evidentemente equipollente ai democristiani di un tempo. Ma ai tempi di Jannuzzi non esisteva la tv d’inchiesta, non c’erano i social, non c’erano foto e video realizzati periodicamente per segnalare tutti i difetti di un’amministrazione comunale. Certamente, disguidi interni a parte, la critica mediatica ha influito sul clima di tensione sviluppatosi negli ultimi tempi. Giorgino è stato a volte rappresentato come il “male assoluto” o forse semplicemente come “il politico di professione” quando in realtà, tra i suoi pregi ed i suoi difetti, non si tratta altro che l’espressione politica dell’andriese medio. Proprio l’informazione ci dice che il Commissario prefettizio prima, e la nuova giunta politica poi, saranno chiamati ad affrontare ancora una volta i delicatissimi equilibri di un’ente in pre-dissesto finanziario, di una problematica ambientale ancora da risolvere (si ricorda la faccenda discarica, il fenomeno dei rifiuti abbandonati causato sopratutto dai cittadini…) e di molte altre faccende in sospeso. Prima della caduta, l’ultima polemica innescata sui social riguardava le strisce blu, ufficialmente realizzate per gestire il traffico, ma secondo le accuse fatte sostanzialmente per far cassa. E’ bene ricordare che chiunque andrà a sostituirsi a Giorgino sedendosi su quella poltrona dovrà fare i conti con la realtà: soldi in passato spesi – bene o male – ma già spesi, casse comunali oramai molto sofferenti. Ma, affacciandosi in altre realtà territoriali e nazionali, ci accorgiamo che la problematica è molto comune in molti paesi e città. L’auspicio è che a governare possa essere una politica anzitutto responsabile delle sue parole nel tempo e rivoluzionaria con il Governo centrale. Una politica capace di dire: “basta, non siamo un’azienda, non possiamo fallire“. I comuni non dovrebbero poter entrare in deficit, non dovrebbero rischiare di indebitarsi. Perché i comuni, le città, Andria, siamo noi. Esseri umani. Lo Stato dovrebbe modificare radicalmente i propri regolamenti, introdurre meccanismi capaci di eliminare i debiti degli enti e assicurare tutti i servizi ai cittadini a prescindere dalle responsabilità politiche.
Forse a rimpiangere più Giorgino saranno sopratutto coloro in questi anni erano riusciti a farsi proteggere dalla sua immagine, a volte nascondendosi dietro la sua figura ed al contempo – paradossalmente – criticandolo pubblicamente. A rimpiangerlo saranno sopratutto coloro che in questi ultimi anni avevano promesso stabilità politica nel centrodestra ma che poi, curiosamente, si son scoperti oppositori dell’uomo che hanno portato a Palazzo di città.
Una sconfitta politica per la città se si pensa che i prossimi mesi saranno, di fatto, caratterizzati da un congelamento della democrazia già di per se imperfetta e ricca di critiche e polemiche. Andria ha visto più volte la scommessa del centrodestra attraverso la candidatura di molteplici liste politiche, così come consentito dal regolamento italiano. Tuttavia, forse, quelle liste sono risultate troppe per mettere d’accordo l’intero Consiglio Comunale e l’intera giunta comunale (spesso soggetta a rimpasti). Forse la storia politica di Andria dovrebbe insegnarci che l’ideale per amministrare bene una città senza litigi interni sia quello di presentarsi alle elezioni con un’unica lista politica. In quel caso, sarebbe più facile governare ed al contempo portare avanti un programma unico. Per il momento, ci resta soltanto il cielo. Sempre più blu.
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