Carlo Cafiero, Andrea Costa e Michele Bakunin, di Giuseppe Brescia

Son passati quasi cent’anni, da quando in singolare coincidenza uscirono “Mazzini e Bakunin .Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872),incentrato sulla polemica tra l’ideale religioso del primo e il programma anarchico del secondo; e “Il diavolo al Pontelungo” di Riccardo Bacchelli (1927). Il primo Autore Nello Rosselli ( nato a Roma il 1900 ) fu ucciso con il fratello Carlo da sicari di Mussolini a Bagnoles-de-l’Ome il 9 giugno 1937.

Del secondo ‘classico’ (Bologna 1891-Monza 1985),spesso dimenticato, parlai in “Bacchelli,anniversario dimenticato“, ne “La Nuova Ferrara” del 26 febbraio 2016 ed in “Riccardo Bacchelli e Croce“, “videoandria.com” del 9 aprile 2016,meritevole di rivisitazione storica. Carlo Cafiero (Barletta, 1° settembre 1846-Nocera Inferiore 17 luglio 1892 ), autore di un “Compendio del Capitale” che non dispiacque a Karl Marx (1879), è tra i protagonisti del libro di Bacchelli, per aver messo a disposizione del teorico e politico anarchico quasi tutti gli averi al fine di adattare la villa della Baronata a base di raccolta degli amici e compagni.Ma Carlo era “un ragazzo, un sognatore inesperto”, dice Bacchelli; “Quel raro uomo del signor Cafiero”. E deve fare i conti con opportunisti e imbroglioni nel momento del “Dare e Avere”.Sì che si avvede che, stando per finire la provvista, occorre ripristinare “Regola e Misura” nelle spese. Bakunin ( Priamuchino 30 maggio 1814-Berna 1° luglio 1876),nel suo racconto autobiografico ‘La vita di un ribelle’ (pp.97-98), mescola il ‘fuoco’ della passione e la ‘umiltà’ della causa. Si ritiene ‘idealista sentimentale’, e non se la tiene neanche con Marx, che definisce “ambizioso perfido e sornione”, per la pretesa di egemonia ideologica e messianica (p. 33:’M. Bakunin a Locarno’).Bacchelli lascia trapelare la ironia nella puntuale ricostruzione dei tentativi insurrezionali del 1874; e si sofferma sulla ‘Spiegazione’ e la ‘Divisione’ tra Cafiero e Bakunin, al termine della Prima Parte della ‘Baronata’.Alcune notazioni del chiaro scrittore sono degne di ripresa. Andrea Costa, il “biondino” e primo deputato socialista (Imola 30 novembre 1851-19 gennaio 1910), è vicino a Bakunin; ma sente avvicinarsi il fallimento del disegno insurrezionale, messo su con una ventina di “Anime perse” nel bolognese.

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Gioca con la “tragedia ridicola” (p. 313); capisce che “nelle rivoluzioni due contrari possono discendere dal medesimo ramo” (p.287).Onde: “I contadini non sanno che cosa sia l’idea” (p.363); e, nelle rivoluzioni, “non si azzardano a fare contratti” (p.356).La rivoluzione fallisce e nelle mani dei carabinieri finiscono il rude Abdon Negri; Alceste Faggioli e gli altri (pp.354-372). Un velo di malinconia, “dolce pena del fallimento”, si stende sul racconto. Ma Andrea Costa fonda nuove speranze. Nel 1879, anno della morte dell’andriese Niccolò Montenegro (1839-1879), detta la importante “Lettera agli amici di Romagna” con programma organico sociale; e aiuta -nel 1883- il “Fascio della democrazia” nel Mezzogiorno e in particolare nella città di Trani, con legami stretti con i nostri Giovanni Bovio (1837-1903) e Felice Cavallotti ( “Giovanni Bovio: La vita e l’opera. Epistolario Completo”, Andria 2019 ). Bacchelli è – così – “continuato”. Giuseppe Brescia

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