Andria: il restauro della Desolata. Una bellezza ritrovata, un culto antico e sempre nuovo

Il simulacro, recentemente restaurato dalla ditta di restauro “Jaccarino e Zingaro” di Andria, sotto l’alta sorveglianza della Sovrintendenza di Foggia, ha riportato la statua all’originale stato, come era apparsa nel 1954, dopo che la statua da “vestita” si trasformò in cartapesta, ad opera dei sapienti maestri cartapestai leccesi. Tralasciando il punto di vista tecnico che riguarda il restauro, il gruppo scultoreo è composto dalla Vergine Desolata in abiti scuri, seduta a fianco del sepolcro di Gesù su cui campeggia una croce e sul sepolcro una iscrizione:”Posuit me desolatam”, riprendendo un versetto biblico dal libro delle Lamentazioni: versetti che nell’antica liturgia del venerdì Santo venivano cantati, e che ancora oggi la liturgia conserva. Su di Lei è un angelo in volo. Maria desolata ha un pugnale sul cuore e la corona di spine e alla mano destra un fazzoletto. La foto dell’opera:

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Il centro del gruppo scultoreo è il viso della Vergine, di cui colpisce e rapisce la assoluta bellezza, che è nell’espressione e nei colori incarnati. Il ritorno alla bellezza originaria ci porta a considerare la specificità della devozione e del culto alla Vergine Desolata, contemplando il suo viso, scevro da aggiunte e orpelli vari. Il suo volto, ora, è giovane, semplice, ma anche desolato nel dolore e consapevole che il sepolcro a Lei vicino non è l’ultima Parola di Dio. Giovane – perché la vergine è da sempre l’Immacolata Concezione, che dona al suo viso freschezza e purezza. Semplice – Una madre che è addolorata per la morte del suo Figlio si mostra nella sua semplicità, senza ornamenti inutili e sconvenienti.
Desolata – Composta nel suo silenzio. Sfinita nel suo dolore. La Vergine viene ritratta nel momento in cui non è più ritta presso la Croce di suo Figlio, quindi addolorata. Non è più seduta e abbraccia il Figlio, come la ritrae la Pietà. La Desolata di Canosa è ritratta nell’istante in cui i pochi che erano con lei sono andati via, come ci ricorda l’evangelista Giovanni: “… erano chiusi in casa per paura dei Giudei…” (Gv 20,19), vicino al sepolcro, sullo sfondo la nuda croce. La Vergine ha in mano la corona di spine, il pugnale nel cuore, che ricordano a Lei la Passione del Figlio, e si scopre sola. Un dettaglio:

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Il culto alla Desolata si diffuse nel secolo XIX, periodo in cui la Confraternita della “Salette” commissionò la statua vestita. Su questo culto mancano adeguate ricerche storiche e si ignorano le origini. Sappiamo tuttavia che era praticato in Sicilia nel monastero benedettino di Palma di Montechiaro, situato in provincia e diocesi di Agrigento. In quel monastero la madre Crocifissa e le altre monache erano solite sostare in preghiera davanti all’immagine della Beata Vergine dal tramonto del venerdì santo all’alba della domenica di Pasqua. Lo scopo era quello di intrattenersi in compagnia di Maria, che durante la sepoltura del Figlio Gesù, doveva essere “veramente desolata”.

Questo è il senso originario dell’Ora della Desolata, non un supplemento della Celebrazione della Passione del Signore, ma un vero e proprio vegliare con Maria, unire le nostre desolazioni alle sue, dando a noi la Speranza di una nuova vita, che passa dalla sepoltura alla Risurrezione di Cristo. Dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, l’orientamento della Chiesa è giustamente cambiato verso queste forme di devozioni per disporre gli animi ad acquisire una fede più matura legata al mistero di Cristo e alla Bibbia. Nel 2002 vennero pubblicati dalla Sante Sede gli orientamenti per celebrare il Triduo Pasquale nel “Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti”, pubblicato dalla Congregazione per il Culto e la disciplina dei Sacramenti.

“ Per la sua importanza dottrinale e pastorale, si raccomanda di non trascurare «la memoria dei dolori della beata Vergine Maria». La pietà popolare, seguendo il racconto evangelico, ha rilevato l’associazione della Madre alla Passione salvifica del Figlio (cf. Gv 19, 25-27; Lc 2, 34s) e ha dato vita a vari pii esercizi, tra cui sono da ricordare:
– il Planctus Mariæ, intensa espressione di dolore, talora avvalorata da alti pregi letterari e musicali, in cui la Vergine piange non solo la morte del Figlio, innocente e santo, il sommo suo bene, ma anche lo smarrimento del suo popolo e il peccato dell’umanità;
– l’Ora della Desolata, nella quale i fedeli, con espressioni di commossa devozione, “fanno compagnia” alla Madre del Signore, rimasta sola, immersa in un profondo dolore, dopo la morte del suo unico Figlio; essi, contemplando la Vergine con il Figlio sul grembo, – la Pietà –, comprendono che in Maria si concentra il dolore dell’universo per la morte di Cristo; in lei essi vedono la personificazione di tutte le madri che, lungo la storia, hanno pianto la morte di un figlio. Tale pio esercizio, che in alcuni luoghi dell’America Latina è chiamato El pésame, non dovrà limitarsi tuttavia ad esprimere il sentimento umano davanti a una madre desolata, ma nella fede della risurrezione, saprà aiutare a comprendere la grandezza dell’amore redentore di Cristo e la partecipazione ad esso della sua Madre. (Direttorio su pietà popolare e liturgia. Principi e orientamenti n.145).

Accanto all’Ora della Desolata, bisogna anche annotare che recentemente è stata rilanciata l’Ora della Madre, ispirata alla liturgia bizantina e romana. Fin dai primi secoli la Chiesa d’Oriente e d’Occidente ha sentito e celebrato questo misterioso legame che congiunge, come ponte, il Venerdì Santo alla Domenica di Pasqua, passando attraverso il cuore di Maria, ed ha guardato la Vergine come rappresentante ed espressione di tutta la Chiesa redenta, che attende trepida l’alba della risurrezione. Anche oggi, nel Sabato Santo, la Chiesa bizantina canta davanti all’icona di Cristo sepolto i lamenti della Madre e dei più fedeli discepoli; anche oggi, in più parti del mondo, i cattolici di rito latino celebrano l’Ora della fede di Maria, preludio alla rinnovazione delle promesse battesimali e alla gioia che irradia il giorno di Pasqua. Un particolare pio esercizio, sorto sempre nella seconda metà del secolo XIX proveniente dal Gargano, particolarmente da San Marco in Lamis, ci riporta e ci testimonia che nelle ore di desolazione e attesa, la pietà popolare elaborò le “Sette desolazioni della Vergine”, in corrispondenza ai sette dolori della Vergine.

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Alla luce del recente restauro, il gruppo scultoreo della Desolata di Canosa comunica a chi guarda soprattutto il viso e lo sguardo sentimenti intimi tra tristezza e speranza. Questa particolare espressione del volto nasce dal cuore di Maria, che ha sempre voluto entrare nel piano di Dio, comprendendo e facendo sua la Volontà di Dio. Allora la ricerca degli arnesi della Passione diventano strumenti per meditare in profondità il senso della morte del Figlio. Gli oggetti di morte diventano oggetti di Speranza, perché comincia a considerare che oltre il sepolcro, c’è l’alba della Risurrezione. Da qui nasce nel cuore dei devoti il desiderio di far compagnia alla Madonna, come facevano quelle monache benedettine, che dalla notte del Venerdì Santo all’alba della Risurrezione, facevano compagnia alla desolazione della Vergine. Del resto anche nell’esperienza umana della morte di un congiunto “Stretto”, la famiglia cerca di far trascorrere un po di ore in compagnia.

Accanto a questa solitudine umana, che la Vergine vive dal momento in cui vede il Figlio chiuso nel sepolcro, e additata come “la madre del condannato”, quindi una madre da evitare, ritenuta “scarto della società”, c’è una solitudine che proviene dalla Fede. La Madre di Dio è in quell’esperienza di atroce sofferenza l’unica sulla faccia della terra che crede nella Risurrezione del Figlio, l’unica sulla terra oscurata dalla morte del Figlio, a tenere alta la fiaccola della propria fede in un Dio che non abbandona la vita del Suo Figlio nel sepolcro, ma che sicuramente la sua Parola è la Vita. Maria Desolata è la creatura fatta di terra, vicina alle sofferenze, delusioni e desolazioni dell’intero genere umano. Ma la creatura, fatta di cielo, perché agli uomini e alle donne di oggi, spesso vittime di svariate solitudini, è fonte di Speranza Nuova, che nasce da quell’alba che ha sconvolto la storia di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, l’annuncio della Risurrezione, che Dio comunica in primo luogo e persona alle donne, che quando ancora era buio, in quel primo giorno della settimana, la DOMENICA DI RESURREZIONE.

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