
“Quando si parla di campi di concentramento fascisti per molti sa di impossibile, di assurdo. Ma vi sono studiosi di storia contemporanea che hanno voluto condurre ricerche di archivio e di testimonianze dirette per far conoscere questa “ storia tremenda “. Campi di concentramento furono allestiti in tutta Italia. Il 6 aprile 1941 le forze armate dell’Asse ( Germania e Italia ) invasero la Jugoslavia senza dichiarazione di guerra, violando le convenzioni internazionali ratificate pure dallo Stato italiano” – lo ricorda il ricercatore andriese Nicola Montepulciano, che, nella sua analisi inviata a VideoAndria.com, prosegue così:
“L’Italia partecipò con la seconda Armata, comandata dal gen. Vittorio Ambrosio. La Jugoslavia non potè opporre una gran resistenza, perché, praticamente, non aveva esercito. L’ Italia, così, si prese una parte della Slovenia, annessa come “ provincia di Lubiana “, ancora una parte della Dalmazia come “ province di Spalato e Cattaro “ ed altri territori. Dopo pochi giorni dall’occupazione fu ordinato agli ufficiali e sottufficiali slavi di consegnare le armi, cosa che fecero prontamente e altrettanto prontamente venivano arrestati senza alcun motivo e rispetto delle convenzioni internazionali, furono condotti nei campi di concentramento dove subivano gravissimi maltrattamenti. Il fascismo impose una politica di italianizzazione forzata tramite la scuola, la burocrazia, la pressione economica, con l’italianizzazione dell’onomastica e toponomastica, con un’aggressiva propaganda sulla presunta superiorità ( !!! ) della lingua e della cultura italiana sulle lingue e culture slave. Si procedette anche alla “ fascistizzazione “ del popolo sloveno: uso obbligatorio del saluto romano, costituzione di istituzioni fasciste sul tipo del GUF ( Gioventù universitaria fascista ), GIL ( Gioventù italiana del littorio ) ed altre amenità del genere. Presto ci furono la prime distruzioni di città, paesi e villaggi, deportazioni di intere famiglie, donne, bambini e vecchi nei campi di concentramento. Nacque allora l’ OSVOBODILNA FRONTA, Fronte di liberazione slovena, La repressione si fece più violenta,fucilazione di ostaggi, esecuzioni sommarie, oltre alla sistematica distruzione e incendi di città, paesi e villaggi, deportazione dei famigliari dei “ ribelli “, oltre alla continua deportazione di donne, bambini e vecchi negli innumerevoli campi di concentramento sparsi: Gonars ( Udine ), Arbe ( isola dalmata ), Visco (Udine ), Monigo ( Treviso ), Chiesanuova ( Padova ), Renicci ( Arezzo ), Ellera ( Savona ), e tanti altri sparsi in tutta Italia” – ricorda Montepulciano, che prosegue:
“Il comando della seconda Armata passò poi al gen, Roatta e dal dicembre 1942 al gen. Mario Robotti, tristemente famosi: il primo diceva:” si ammazza troppo poco “, il secondo: “ gli uomini non sono nulla, conta il Paese ed il suo prestigio con quello del Regime”. Tutto ciò portò ad immani sofferenze. Si continuava a bruciare città, villaggi, si uccideva il bestiame e si distruggevano le coltivazioni per affamare anche i partigiani e quanti erano scampati ai rastrellamenti: si voleva la pulizia etnica. Si inventavano supplizi atroci dentro e fuori i campi. In un villaggio alcuni abitanti furono torturati appesi per le gambe sopra la legna ardente; è meglio non descrivere altre forme di torture. Nei campi si moriva di fame e freddo, i bambini rovistavano tra i rifiuti in cerca di cibo, non c’era igiene, l’acqua era pochissima, così c’erano tutte le malattie possibili e si moriva come niente. Le umiliazioni alle donne erano infinite: quando potevano farsi la doccia provavano a tenersi le mutande, ma i soldati gliele strappavano di dosso. E rimanevano senza perché non c’era ricambio. Un giovane di 17 anni fu trovato morto con gli occhi che sporgevano dalle orbite e con un abito completamente intriso del prodotto della dissenteria. I neonati morivano prestissimo perché le mamme non avevano latte. I disabili venivano abbandonati,come pure i bambini che rimanevano orfani per la morte dei genitori nei campi” – prosegue Montepulciano:
“Nel campo di Gonars morirono 500 internati, in quello di Rab 3500. Si internava più che si poteva compresi ebrei, anarchici, antifascisti, rom. Da parte di alcuni internati venivano organizzate fughe soprattutto da ufficiali e sottufficiali sloveni. Qualche tentativo riusciva e ovviamente gli evasi, carichi di infinito odio contro l’Italia, aderivano alla lotta partigiana. Alla fine della guerra vinta dalla Jugoslavia per i criminali fascisti non ci fu nessun processo. Come mai? “ L’Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo, il 17 novembre 1944 ordinò l’arresto del gen. Roatta accusato di terrorismo internazionale”. Fatto fuggire dal carcere, si rifugiò in Spagna, ma, in seguito ad una incredibile amnistia, ritornò in Italia. “ Al processo di Norimberga, la deportazione delle popolazioni dei territori occupati, l’esecuzioni di ostaggi e la devastazione dei centri abitati non giustificata da esigenze militari, vennero considerati come crimini di guerra”. Ma anche ai fascisti erano imputabili simili delitti. Perché non furono puniti? Forse avendo i partigiani ucciso Mussolini non si potè celebrare il dovuto processo che, probabilmente, avrebbe messo in evidenza questi orrendi crimini, basati sulla barbarie della pulizia etnica. Altrettanto probabilmente ci sarebbe stata la possibilità di far venire alla luce, nel corso del dibattimento, pure i crimini di guerra perpetrati dal criminale Tito, pure lui fautore della pulizia etnica, che portò poi alla tragedia delle foibe. Ma si doveva e poteva evitare, primo perché non venivano uccisi solo i militari italiani, ma anche l’inerme, incolpevole popolazione civile, commettendo le stesse atrocità dei fascisti; poi perché ormai Tito aveva vinto e procedere al massacro delle foibe era proprio pulizia etnica. Crimini da una parte, crimini dall’altra. Tito andava punito con il massimo della pena prevista in questi casi. Ora viviamo in tempi di pace e la pace è la regina della vita, si può e si deve trovare concordia. Dobbiamo ricordare, come è giusto e necessario che sia, i martiri delle foibe, ma è anche giusto ricordare le migliaia e migliaia di morti slavi dentro e fuori i campi di concentramento fascisti. Il primo passo in questo senso lo compì Sandro Pertini, quando, Presidente della Camera, visitò a Gonars ( Udine ) il 12 marzo 1978, il Sacrario dei caduti slavi internati vittima del fascismo. Martiri jugoslavi, vittime del fascismo e martiri delle foibe, vittime di Tito, sono morti causati dal cervello bacato dalla “ pulizia etnica “. Vanno ricordati tutti. Questa è concordia” – conclude Montepulciano. Al nostro concittadino va un ringraziamento speciale per aver sollevato questa parte di Storia che ci insegna come la violenza e i crimini di guerra siano fenomeni da condannare a prescindere dall’ideologia politica di ognuno. Ieri come oggi.
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